martedì 12 agosto 2008

Avviso urgente per i nostri anziani

I libretti postali su cui non si registrano movimenti di danaro da almeno 10 anni sono oltre un milione in tutta Italia. La somma dei soldi contenuti in ognuno di quei libretti costituisce un tesoretto su cui una delibera inserita nella finanziaria dell'ex governo Prodi metterà le mani.

I titolari di quei libretti che hanno avuto 6 mesi di tempo per farsi vivi, per salvare i loro soldi dovranno registrare almeno un movimento sul conto entro e non oltre il 25 agosto prossimo. Dal giorno successivo i correntisti “dormienti” perderanno ogni diritto su quei soldi perché ne diverrà proprietario lo Stato, che secondo le intenzioni di Prodi andranno per buona parte nelle tasche delle vittime dei crac finanziari.

La direzione delle poste, non essendo stata obbligata per legge ad avvisare i correntisti di quel provvedimento, si è limitata a pubblicare gli avvisi sul sito e ad inviare i comunicati stampa per le pagine economiche sui giornali. Siccome la maggior parte dei proprietari di quei libretti postali sono anziani che non navigano in Internet e non leggono le pagine economiche dei giornali, è successo che in questi 6 mesi sono stati pochissimi i correntisti che si sono fatti vivi.

Sono numeri da capogiro quelli che interessano le poste italiane sul fronte dei conti dormienti: le norme sull’utilizzo dei conti da anni (10 anni e con saldo superiore ai cento euro) giacenti senza nessun movimento coinvolgono infatti anche i libretti postali, nominativi o al portatore. Le stime parlano di un patrimonio pari a 800mila libretti per un totale di circa 950 milioni di euro. Le Poste Italiane hanno stilato però l’elenco completo dei libretti postali dormienti che è consultabile negli uffici postali, oppure rivolgendosi al numero verde 800.00.33.22 oppure consultando il sito internet delle stesse poste all’indirizzo: http://www.poste.it/bancoposta/dormienti/libretti_dormienti.shtml.

Questo l'elenco dei conti dormienti aperti presso i nostri uffici postali.

UFFICIO POSTALE (20/318) RONAGO

Numero identificativo dei Libretti di Risparmio Postale nominativi:

36; 130; 180; 216; 237; 301; 306; 377; 387; 406; 420; 453; 466;

469; 471; 540; 541; 557; 572; 575; 576; 601; 669;


UFFICIO POSTALE (20/194) UGGIATE TREVANO

Numero identificativo dei Libretti di Risparmio Postale nominativi:

3642; 4233; 4427; 4428; 4477; 4517; 4536; 4632; 4694; 4967; 4990; 5033; 5073;

5118; 5205; 5224; 5256; 5355; 5362; 5376; 5399; 5400; 5408; 5424; 5453; 5505;

5510; 5552; 5685;


UFFICIO POSTALE (20/229) BIZZARONE

Numero identificativo dei Libretti di Risparmio Postale nominativi:

1490; 1667; 1777; 1819; 1829; 1981; 2007; 2041; 2046; 2063; 2274; 2285; 2290;

2300; 2396; 2473; 2500; 2536; 2548; 2603; 2608; 2617; 2642; 2657; 2669; 2680;

2681; 2709; 2822; 2841; 2874; 2875; 2881; 2908; 2918; 2939; 2957; 2960; 2981;

2999; 3032; 3041; 3145; 3153;


UFFICIO POSTALE (20/382) CAMNAGO FALOPPIO

Numero identificativo dei Libretti di Risparmio Postale nominativi

66; 103; 128; 193; 228; 266; 366; 3855;

venerdì 1 agosto 2008

Il vero prezzo della carne...

Riporto, a memoria futura e a sostegno delle giuste aspettative di Valerio e di altri, alcuni stralci di un articolo di George Monbiot apparso qualche tempo fa sull' anglosassone "The Guardian".




"Non preoccupatevi della crisi monetaria mondiale. Concentratevi per un momento su una questione più urgente: la grande crisi alimentare che sta dilagando molto più velocemente di quella finanziaria. Probabilmente avrete visto le stime attuali inglesi: il prezzo del riso è cresciuto di tre quarti rispetto allo scorso anno, quello del grano è aumentato del 130 per cento. Ben 37 Paesi vivono una grave crisi alimentare. Cento milioni di persone, secondo la Banca Mondiale, potrebbero scivolare nella povertà a causa dei prezzi alti. Ma scommetto che vi siete persi le statistiche più significative. Lo scorso anno il raccolto del grano ha superato ogni record con 2.1 miliardi di tonnellate – battendo del 5% quello dell’anno precedente. La crisi, in altre parole, è iniziata prima che i rifornimenti mondiali di cibo fossero colpiti dai cambiamenti climatici. Se la fame può già dilagare ora, che cosa accadrà se i raccolti dovessero ancora calare?
C’è abbondanza di cibo. Ma il fatto è che non raggiunge gli stomaci delle persone. Secondo la stima fatta dalla FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Agricoltura) dei circa 2,13 miliardi di tonnellate che dovrebbero essere consumate quest’anno, soltanto 1,01 miliardi di tonnellate verranno mangiate dalla gente. E il resto che fine fa? Carburanti biologici e cibo per gli animali da allevamento!
Quest’anno le riserve mondiali di cereali diminuiranno di circa 53 milioni di tonnellate; questo vi dà un’idea approssimativa della dimensione della crisi alimentare mondiale. La produzione di carburanti biologici consumerà circa 100 milioni di tonnellate di cereali, ciò fa capire come tutto ciò sia direttamente responsabile della crisi in atto.
Ma, alla base della fame del mondo, c’è una ragione più importante che dà meno nell’occhio solo perché esiste da molto tempo. Mentre quest’anno 100 milioni di tonnellate di cibo verranno utilizzate per rifornire le auto, ben 760 milioni di tonnellate saranno tolte alle bocche degli esseri umani per nutrire gli animali, una quantità di cereali che potrebbe coprire 14 volte il deficit mondiale. Se la fame nel mondo vi sta a cuore, mangiate meno carne. Sino a che livello il consumo di carne potrebbe essere sostenibile? Fare una stima è difficile per svariati fattori. Se mangiamo meno carne, dobbiamo assumere più proteine vegetali, il che significa sottrarre altri terreni da pascolo agli animali. D’altro canto, alcuni capi di bestiame crescono sui pascoli e in questo modo non peggiorano il deficit del grano. Simon Fairlie ritiene che non sarebbe possibile allevare gli animali solo a pascolo, a causa dei terreni agricoli, ed inoltre porterebbe a scarti e sprechi nelle lavorazioni cosicché la produzione mondiale di carne e latte raggiungerebbe un terzo o due terzi dell’attuale. Ma questo sistema presenta un altro problema. La FAO stima che il 18% dei gas che provocano l’effetto serra dipenda dagli allevamenti di bestiame. L’impatto ambientale incide soprattutto là dove il bestiame pascola liberamente. L’unica risposta possibile alla domanda su quanta carne dovremmo consumare, è dunque la più semplice e ovvia. Riserviamola – come gran parte delle persone ha fatto sino a poco tempo fa – per le occasioni speciali. Rileggendo questo articolo ( ...è sempre Monbiot che scrive ) mi accorgo che in esso c’è qualcosa di surreale. Mentre metà del mondo si chiede se potrà mangiare o no, io sto riflettendo su quale delle nostre infinite scelte dovremmo fare. Qui l’andamento dei prezzi del cibo si segue poco. I nostri negozi sono più ben riforniti che mai. Percepiamo appena la crisi mondiale, se ce ne accorgiamo. E’ difficile comprendere come due economie alimentari così diverse possano convivere sullo stesso pianeta, finchè non vi accorgete che si stanno mangiando l’un l’altra."



Ora dovremmo anche sottolineare che il 2007 è stato un anno record per gli utili delle 10 più grosse multinazionali dell'agroalimentare. Cargill ha registrato un +86% di ricavi per il primo trimestre 2008 rispetto allo stesso periodo nel 2007, Bunge +77%, Adm, il più grande commerciante di cereali a livello mondiale, +65% raggiungendo la cifra record di 2.2 miliardi di dollari di fatturato, e la tailandese Charoen Pokphand Foods prevede una crescita degli incassi del 237%. Ma non se la passano male nemmeno i principali attori della grande distribuzione organizzata: la catena di supermercati britannica Tesco segnala un aumento del 12% del fatturato rispetto al 2007, andamento positivo anche per Carrefour in Francia e Wal-Mart negli Usa, tutti grazie alle vendite di alimentari. Le aziende di prodotti agrochimici o venditrici di semi si fregano le mani: tra il 2007 e 2006 Monsanto + 44% degli utili, DuPont +19%, Syngenta +28%.
Il criminologo Michel Venturelli, commentando informative dello stesso tenore, ha ben sintetizzato quello che tutti noi dovremmo focalizzare con attenzione attraverso un paragone che mi permetto di riportare:


"per meglio capire ciò che tutto questo significa immaginatevi seduti al tavolo di un ristorante davanti ad una bistecca di circa 250 grammi. Virtualmente, sedute accanto a voi, ci sono altre 50 persone.
Davanti a loro però c'è una tazza vuota. Voi non le vedete per il semplice fatto che queste 50 persone abitano in Africa, in Asia o in America Latina. Non le vedete, ma esistono e hanno fame.
Quello che dovrebbe far riflettere è che se invece della vostra bistecca si fossero prodotte graminacee le 50 tazze sarebbero piene di cereali cotti. Cereali che si è però mangiati la vacca dalla quale è stata ricavata la vostra bistecca di 250 grammi."


Forse noi tutti dovremmo incominciare a ragionare sul mondo che ci circonda in termini un po' più consapevoli e raccogliere appelli come quello lanciato da Rajendra Pachauri, premio Nobel e direttore dell'Ipcc, il Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite che ha recentemente dichiarato:

(...)contro l'effetto serra una vita "frugale": «Non mangiare carne, va' in bici, sii un consumatore frugale.» Il dossier emesso nel 2007 dall'Ipcc sottolinea infatti «l'importanza di cambiare stile di vita» per combattere il riscaldamento globale. Il direttore dell'Ipcc, coerentemente vegetariano lui stesso, afferma anche: «È qualcosa che l'Ipcc ha avuto paura di affermare prima, ma ora l'abbiamo finalmente detto». Il Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione (Neic) plaude a questa presa di posizione: «Ricordiamo che recenti studi pubblicati sul Lancet hanno mostrato che le emissioni di gas serra causate dal settore agricolo sono pari al 22% del totale; come percentuale questa è simile a quella dovuta all'industria e maggiore di quella dovuta al settore dei trasporti. L'allevamento di bestiame (compresa la coltivazione del mangime e il trasporto) contribuisce per l'80% al totale del settore agricolo». Rajendra Pachauri ha inoltre ricordato che la produzione di un kg di carne causa emissioni equivalenti a 36,4 kg di biossido di carbonio e che l'allevamento e il trasporto di animali richiede, per un kg di carne, la stessa energia richiesta per mantenere accesa una lampadina di 100 Watt per quasi 3 settimane. Oltre a questo ha raccomandato di usare meno la macchina e andare in bicicletta, e di essere consumatori «frugali», intendendo con questo di non comprare qualcosa solo perché «esiste», ma comprare solo quello che ci serve davvero. «Lo scenario è piuttosto triste, se il genere umano non fa nulla, il cambiamento climatico avrà impatti molto seri», ha dichiarato alla conferenza stampa di Parigi. Il meeting di Bali ha definito un accordo globale per la riduzione delle emissioni del biossido di carbonio dovute ad attività umane, e la cosa positiva è che per la prima volta da quando si è iniziato a tenere dei meeting internazionali sull'argomento - nel 1994 - nessuno ha contraddetto i risultati presentati dall'Ipcc, e quindi si accetta finalmente che il problema esiste ed è grave. Conclude il Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione: «È bene che finalmente si affermi che per quanto riguarda l'impatto sull'ambiente il comportamento personale è importante, e in particolare le nostre scelte alimentari. La massa di evidenze in merito non si può ormai contraddire, così come i risultati dell'Ipcc sulla necessità di un cambiamento drastico sia a livello governativo sia a livello personale. Meno alimenti animali, una alimentazione a base vegetale, è la scelta più potente che ciascuno può fare per fermare il riscaldamento globale ed evitare un tragico spreco di risorse».(...)


G.Barile